UNA DONNA CHIAMATA MAIXABEL

Icíar Bollaín
Spagna
Il film racconta la storia di Maixabel Lasa, una donna vedova dopo che suo marito Juan María Jaúregui è stato ucciso dall'ETA. L'omicidio dell'uomo è avvenuto nel 2000 e undici anni dopo questa tragedia Maixabel viene contattata da uno degli assassini di Juan. L'uomo vuole incontrarla nel carcere dove sta scontando la sua pena, Nanclares de la Oca, situato ad Álava. L'assassino ha chiuso ogni rapporto con il gruppo terroristico, ma vuole comunque incontrare la vedova. Maixabel decide di mettere da parte i dubbi e la sua sofferenza e accettare l'incontro...
con Blanca Portillo, Luis Tosar, María Cerezuela, Urko Olazabal, Tamara Canosa
5€; 3€ per over 65
Con la violenza non si ottiene assolutamente nulla, quello che devi fare è fare le cose in un altro modo, con pedagogia, ascoltando il prossimo e risolvendo i problemi che abbiamo quotidianamente, usando soprattutto la parola.
In questa frase si riassumono il pensiero e l'azione di Maixabel Lasa che è al centro di questo film di Iciar Bollain, una regista che non ha mai evitato i temi scomodi avendo sempre uno sguardo attento all'universo femminile. Qui però l'argomento si proponeva come più complesso perché coinvolge, dal punto di vista politico, un passato non poi così distante per la Spagna. Un minimo di collocazione storica può risultare utile per avvicinarsi ad un film di grande presa sia intellettuale che emotiva. ETA nasce nel 1958 in ambienti universitari, formati da una scissione del PNV, la parte più giovane e comunista che voleva una lotta più diretta contro la dittatura franchista.
La loro prima azione violenta ha luogo nel 1960 con l'esplosione di una bomba alla stazione di Donostia uccidendo accidentalmente una bambina di 22 mesi. Invece la loro prima azione prettamente politica sarà l'assassinio del capo della polizia politico-sociale, Melitón Manzanas, noto repressore e torturatore di oppositori del regime franchista. Toccheranno l'apice con l'attentato a Carrero Blanco, che doveva essere il successore di Franco e proseguirne il regime. Tra le centinaia di vittime lasciate sul terreno c'è anche Juan María Jaúregui che, negli anni giovanili, aveva fatto parte dell'ETA per poi uscirne nel 1972 non approvandone i metodi violenti.
Bollain è cosceneggiatrice e il suo script andrebbe studiato nelle scuole di cinema per apprendere come si possa realizzare un film profondamente politico e, al contempo, profondamente umano avendo una straordinaria sensibilità per leggere tutti i mutamenti e anche gli slittamenti del pensiero in ognuna delle dramatis personae. Perché di persone si tratta e mai di personaggi. Con tutte le loro sofferenze, con i tormenti interiori ed anche con tutte le contraddizioni, in particolare sul versante ideologico.
Recensione di Giancarlo Zappoli