L'ARPA BIRMANA

Un soldato giapponese, suonatore d'arpa, decide di restare in Birmania dopo la fine della guerra per dare sepoltura ai commilitoni.
L'ARPA BIRMANA
Data:
22/04/2024
Orario:
21:00
Rassegna:
Il cinema ritrovato
Regia:

Kon Ichikawa

Anno:
1956
Origine:

Giappone

Durata:
116'

Comincia con un canto e finisce con un grido il primo film di Kon Ichikawa visto in Occidente, per la precisione a Venezia nel 1956. È l’estate del 1945 e il canto viene da un’unità di soldati giapponesi in marcia attraverso la giungla al confine tra Birmania e Thailandia, dove li raggiunge la notizia della capitolazione del loro paese alle forze alleate. Ad accompagnare quest’indivisibile coro militare con la sua arpa birmana è il soldato semplice Mizushima che, dopo l’internamento della pattuglia in un campo angloindiano, scompare nel corso di una missione volta a indurre alla resa una postazione nipponica asserragliata su un monte. Alla vigilia della partenza del battaglione per il Giappone, però, nei dintorni dell’insediamento compare un monaco buddista identico a Mizushima, scatenando le speranze e le ansie dei compagni d’arme che si erano solennemente promessi di non lasciare nessuno in terra straniera. Il grido è quello del pappagallo addestrato dal monaco a comunicare ai suoi commilitoni che Mizushima non tornerà a casa...

Cast e Credits

con Tatsuya Mihashi, Shoy Tasui, Rentaro Mikuni, Shôji Yasui, Jun Hamamura.

Costo

8€; 7€ ridotto (6.50€ per Amici, Più che Amici, Sostenitori). Riduzioni valide dal lunedì al venerdì.

Informazioni aggiuntive

Versione originale con sottotitoli in italiano

Critica

Quando L'arpa birmana giunse alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1956 il cinema giapponese non era molto conosciuto in Europa e i registi che erano noti rispondevano ai nomi di Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi. [...] A partire da un romanzo omonimo di Michio Takeyama (molto noto in Giappone) e grazie alla sceneggiatura della moglie Natto Wada (con cui collaborerà fino al 1965) Ichikawa realizza il suo capolavoro a dieci anni dalla fine del conflitto senza mai citare le atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Immerge sin dall'inizio, nel rosso della terra birmana, il suo film in bianco e nero mettendo al centro il canto e la musica come elementi sonori fondamentali per esprimere la pietas che è necessaria per avvicinarsi agli esseri umani coinvolti nel massacro bellico. Il plotone di cui Mizushima fa parte è dotato di una forte solidarietà di corpo che si presenta però in contrasto con la solidarietà dettata da un sedicente patriottismo di altri soldati che non vogliono sentire ragione e preferiscono morire piuttosto che arrendersi agli inglesi [...].

Recensione di Giancarlo Zappoli