Novecento - Atto II

Bernardo Bertolucci
Italia
Dal 1900 al secondo dopoguerra, le due vite contrapposte e intrecciate del contadino Olmo (Gérard Depardieu) e del ricco latifondista Alfredo (Robert De Niro), al centro di un poderoso e veemente affresco dove Bertolucci ha tentato di fondere il mélo hollywoodiano con l'epica comunista, non senza echi inattesi [...]. Due atti: il primo arriva all'avvento del fascismo, il secondo si conclude con la Liberazione. [...] Oltre al sontuoso ed eterogeneo cast, protagonista è il paesaggio della campagna parmense, esaltato dalla fotografia di Storaro.
con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Burt Lancaster, Sterling Hayden, José Quaglio
8€; 7€ ridotto (6.50€ per Amici, Più che Amici, Sostenitori)
Versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.
Nell'Atto primo (come nel melodramma lirico) del film fiume di Bernardo Bertolucci assistiamo al getto delle basi delle fondamenta di una narrazione che si presentava come utopica all'epoca e che oggi non avrebbe più la possibilità di venir concepita.
Proprio in questo è rinvenibile la sua forza. Il regista ha più volte dichiarato di aver avuto l'idea di realizzare un film ponte tra il cinema hollywoodiano e il realismo socialista. Un film americano e sovietico al contempo. Le difficoltà frapposte al progetto dalla Mosfilm russa lo indussero a desistere. La spinta però veniva dalla società e dalla politica italiana del tempo.
Girato tra il 1974 e il 1975 il film si nutriva del punto più alto della visione politica promossa da Enrico Berlinguer che, con il cosiddetto 'compromesso storico', mirava a un accordo tra la base comunista e quella di matrice cattolica. Le cose andarono come la Storia ci insegna ma in quel momento le speranze erano molte e diffuse (così come gli ostacoli). Nella dissoluzione delle ideologie contemporanee (che non ha però portato con sé esiti indirizzati al miglioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli della società) un film come questo (o come il successivo L'albero degli zoccoli di Ermanno Olmi) non verrebbero nemmeno pensati.
Recensione di Giancarlo Zappoli