Torneranno i prati
Regia: Ermanno Olmi (Italia, 2014) 80'
Scuola secondaria di secondo grado
Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore. Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. E poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento.(...) Olmi sposta la stagione dei fatti narrati, dal «primo chiarore di un'alba d'agosto» a un inverno gelido e nevoso, per il quale pare che la troupe coordinata da Maurizio Zaccaro abbia avuto non pochi problemi nel corso della lavorazione, dovendo – felicemente, detto a posteriori – modificare scenografia e in parte sceneggiatura a causa delle abbondanti precipitazioni. Come De Roberto, anche il regista bergamasco insiste sulla babele linguistica di un'Italia fatta solo sulla carta, a partire dal conduttore di muli napoletano che si esibisce, apprezzato anche dall'altra parte del fronte, in Tu ca nun chiagne e nella belliniana Fenesta ca lucive. Al tenentino, caratterizzato qui in maniera più evidente come un intellettuale dalla formazione umanistica, affianca un maggiore che lo accompagna nella trincea a portare ordini oltre che a fare esperienza, un capitano gravemente malato nel corpo e nell'anima e un sergente paternamente vicino ai propri soldati, tanto da sentirsi in colpa per averli mobilitati di fronte a un ipotetico assalto nemico invece di metterli al riparo dall'imminente bombardamento. Come nel racconto dello scrittore catanese e a differenza di altri classici dello schermo, il film non innesca una vera e propria dialettica tra i vari gradi dell'esercito regio, e tra essi e la truppa. L’insipienza, l'insensatezza, il cinismo di chi invia al macello uomini fatti di carne e sangue come fossero pedine di un maldestro gioco di scacchi appartengono all'alto comando e a chi lo gestisce a livello politico-istituzionale, entità così lontane da risultare impalpabili e senza volto. Per questo sono in un certo senso equiparabili al nemico, che pure non si vede mai, sia quando il suo incombere sembra segnalato dai campanacci legati al filo spinato che quando più concretamente spara sui soldati o devasta la trincea a colpi di mortaio. (...)
Paolo Vecchi, Cineforum n.540, 12/2014