Pinocchio
Regia: Enzo D’Alò (Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, 2012) 84’
Scuola d’infanzia e scuola primaria
La prima scena vede un Geppetto ancora ragazzino che vede sfuggire il suo aquilone dalle mani perdendosi nel cielo. Lo ritroverà sessantenne alla finestra della sua casa proprio nel giorno in cui un sentirà un ciocco di legno lamentarsi. È con quell’aquilone, cioè con il suo sogno di bambino, che Geppetto vestirà Pinocchio, il suo figlio burattino. È questo l’inizio del Pinocchio di Enzo D’Alò e anche una delle poche libertà che si prende rispetto al libro di Collodi. Scritto da D’Alò insieme a Umberto Marino, con le musiche di Lucio Dalla, il film vive sui magnifici disegni di Lorenzo Mattotti, che ha inventato una Toscana metafisica colorata a pastello.
Geppetto è un bambino dotato di una vivace fantasia. Quando diverrà un uomo non perderà la capacità di guardare oltre le apparenze e scoprirà nel ciocco di legno che ha davanti il burattino da intagliare a cui darà nome Pinocchio.
Inizia così il film che D’Alò aveva in mente sin dal 2000 e del quale non riusciva a trovare la chiave di lettura. Diciamo subito che l’avere alle spalle sul piano dell’animazione l’edizione disneyana e su un versante cinematografico la versione di Comencini e quella di Benigni un suo peso lo ha di certo avuto. D’Alò dichiara che la morte di suo padre gli ha fornito l’occasione per ripensare al loro rapporto e per guardare da un punto di vista innovativo al personaggio di Geppetto. A film completato si può dire che l’operazione sia riuscita e che l’originalità sul piano narrativo risieda proprio nel mostrare come Geppetto non abbia mai dimenticato di essere stato un bambino, conservando intatto uno sguardo carico di fantasia. A questo si aggiunge una rilettura della Fata Turchina che non viene vista come un sostituto della figura materna (come in Comencini) ma si trasforma in un’amica quasi coetanea di Pinocchio della quale il burattino in fondo si innamora. D’Alò è un regista di animazione che da sempre è stato attento alla grafica delle proprie opere offrendo a ogni storia messa in scena il giusto contesto figurativo. La collaborazione con Lorenzo Mattotti dà in questa occasione i suoi frutti offrendo all’adulto che accompagni un bambino in sala il piacere di un segno originale che non dimentica però i richiami alla storia dell’arte e che non ha paura di cambiare stile e tecniche quando deve mettere in scena i sogni. Lucio Dalla ha poi offerto la propria vena eclettica costruendo una colonna sonora contaminata da stili diversi ma non contrastanti che il film riconduce ad unità. Il tutto con la leggerezza che ha sempre contraddistinto il lavoro di D’Alò, un regista che non rinuncia a cercare la morale nella favola senza però cadere mai nel moralismo.
Giancarlo Zappoli, mymovies.it
“Sono partito dal libro di Collodi, rendendo attuali i dialoghi, il tratto di Lorenzo Mattotti poi ha caratterizzato i personaggi. Sono legato a questa storia. I film li faccio anche per me, non è per egoismo, provo a raccontare quello che sento. Se non riesco ad emozionarmi io per primo come posso pretendere che lo faccia il pubblico. Però fino a quando si riconosce con me va tutto bene. Ho lavorato parecchi anni al mio Pinocchio, nel 2000 avevo terminato la quarta versione della sceneggiatura, da quella data mi sono arrovellato per trovare la strada corretta e originale per raccontarlo. Con il mio lavoro ho cercato di aprire la strada al cartone animato europeo, volevo liberare gli occhi degli spettatori dall’immaginario americano e giapponese. Per realizzare Pinocchio io e il mio staff abbiamo creato un apposito software e i Paesi stranieri chiedono la versione in italiano invece di quella in inglese, mi sembra una bella cosa.”
Enzo D’Alò, Speciale cinema, oggialcinema.net