L'ultimo lupo
Regia: Jean-Jacques Annaud (Cina, 2014) 118’
Scuola secondaria di primo e secondo grado
1969. Chen Zhen, giovane studente di Pechino, viene inviato nel cuore della Mongolia per istruire una tribù di pastori nomadi. In realtà, sarà Chen a imparare vere e proprie lezioni su una regione ostile e infinita, sulla vita in comunità, su libertà e responsabilità, e soprattutto sulla creatura più temuta e venerata delle steppe: il lupo. Sedotto dalla queste creature sacre e dal legame complesso e quasi mistico che i pastori hanno con l'animale, Chen decide di catturare un cucciolo per addomesticarlo. Tuttavia, il governo ha deciso di abbattere gli esemplari di lupo presenti nella regione mettendo a rischio non solo le tradizioni della tribù, ma il futuro stesso di quel territorio.
“Tutto è cominciato quando una delegazione di cinesi è venuta a incontrarmi a Parigi sette anni fa”, ha spiegato Annaud alla stampa internazionale. “Bisogna però considerare che l’impatto del libro di Rong sulla società cinese è stato colossale. Il totem del lupo (in Italia edito da Mondadori ndr) è diventato il successo letterario più importate dopo il Libretto rosso di Mao. I lettori hanno scoperto l’esistenza dei questi luoghi magnifici e puri della Mongolia Interna, che oggi è fortemente minacciata. Nel “giovane istruito” protagonista del libro che s’innamora di un luogo così improbabile ho ritrovato me stesso agli albori della mia carriera. È stato allora che le persone che poi sono diventate i miei produttori e i miei collaboratori, arrivarono nel mio ufficio, a Rue Lincoln a Parigi. Mi proposero di adattare il romanzo per il grande schermo. Gli ricordai che io non ero proprio ‘benvoluto’ dalle autorità cinesi, ma loro dissero “La Cina è cambiata. E poi siamo persone pragmatiche: abbiamo bisogno di lei”. Accettai la loro offerta di andare a Pechino. Arrivato in Cina mi resi conto che i miei film erano molto diffusi in tutto il paese”.(...) “La produzione cinese ha accettato di finanziare la preparazione, accettando il fatto che ci sarebbero voluti tre anni affinché girassimo la prima scena. Bisognava prendere dei cuccioli di lupo, farli crescere all’interno di parchi costruiti appositamente per il loro sviluppo, sotto una sorveglianza costante”, ha specificato Annaud. “Il lupo è un animale molto selvaggio, sempre sul chi va là. Obbedisce solo al suo capo branco, che a sua volta obbedisce all’addestratore solo quando vuole – ha continuato – I grandi attori spesso sono incontrollabili, deconcentrati, affascinanti ed emotivi. A volte invece sono adorabili, come il nostro capo branco, il re Cloudy, a cui ho affidato il ruolo principale. Aveva deciso che ero suo amico, potevo accarezzarlo e ogni mattina mi saltava addosso leccandomi il viso. Un privilegio raro, che mi ha fatto buttare numerose giacche a vento e procurato non pochi graffi”. (...)
“La verginità degli spazi è uno degli elementi fondamentali del film. Lo splendore della steppa è lo scrigno del lupo della Mongolia, il simbolo eroico e selvaggio della vita selvaggia. Massacrando la vita degli altri ci stiamo avvicinando a un epilogo tragico. Io mi affliggo da anni guardando questo lento suicidio che la nostra specie sta perpetuando. Jiang Rong, l’autore del romanzo, è stato testimone dell’ignoranza devastatrice che ha distrutto l’ambiente negli anni ’60, degli errori fatti in Cina su larga scala come purtroppo dappertutto”.
Davide Turrini, ilfattoquotidiano.it