La bicicletta verde

Data:
02/09/2025
Orario:
23:00
Rassegna:
2013OfficinaVisionaria

Regia: Haifaa Al Mansour (Arabia Saudita-Germania, 2012) 97’

Lunedì 4 e mercoledì 6 novembre
Scuola secondaria di primo grado e scuola secondaria di secondo grado (primo biennio)

Riyadh, Arabia Saudita. In una scuola rigorosamente solo femminile Wadjda lotta per non soffocare i propri desideri di libertà. In particolare uno di questi riguarda l’acquisto di una bicicletta verde che fa capolino dalla vetrina del negozio di giocattoli davanti al quale passa tutti i giorni, con la quale potrà essere alla pari del bambino con cui gioca dopo la scuola. La sua famiglia non può permettersela e di certo non vuole che lei si faccia vedere su un mezzo tradizionalmente riservato agli uomini, perché alle ragazze è proibito andare in bicicletta... così Wadjda comincia a cercare i soldi per conto proprio, rendendosi conto ben presto che quasi tutti le possibilità per ottenerlo le sono pure proibite. L’unica soluzione è partecipare ad una gara di Corano della scuola (lei che non eccelle nelle materie religiose), il cui primo premio è in denaro.Wadjda ha un sogno: comparsi la bicicletta che vede tutti i giorni tornando a casa da scuola, e sfrecciare per le strade della città più veloce del ragazzino amico del cuore. Sembra una cosa semplice, eppure per lei non lo è. Infatti Wadjda (la bravissima Waad Mohammed) vive in Arabia Saudita, dove alle donne, tra le tante cose, è vietato anche andare in bicicletta. Wadjda ha conquistato il pubblico dell’ultima Mostra di Venezia, dove era nella sezione Orizzonti, arrivato come il primo film di una regista donna in Arabia Saudita, Haifaa Al Mansour, prodotto senza alcun supporto nonostante i sempre più frequenti investimenti culturali dei grandi capitali arabi. Ma forse la storia era poco nei canoni ammessi, anche se poi Haifaa Al Mansour non è mai aggressiva, e nemmeno giudicante, ma avvicina i diversi aspetti dell’universo femminile. Con una narrazione semplice, in cui gli schematismi occidentali rispetto al soggetto lasciano il posto a uno sguardo amoroso, una empatia coi personaggi, e con gli interpreti (stupenda anche Reem Abdullah che è la madre), anche quelli meno «positivi». Il titolo italiano, La bicicletta verde, ci porta subito a pensare ai Ladri di biciclette di De Sica, il riferimento non è nemmeno troppo casuale. Haifaa Al Mansour sembra, infatti, guardare alla lezione del cinema iraniano di Kiarostami che, a sua volta, ha sempre dichiarato nei suoi primi film un debito col neorealismo italiano, nella scelta di mettere al centro i ragazzini che diventano la voce, e il racconto, dei conflitti e anche di una possibile ribellione.
Cristina Piccino, il manifesto, 6 /12/2012

La speranza è «spingere la gente ad amare la vita». La sensazione è che Haifaa Al Mansour, 38 anni, prima re­gista donna dell’Arabia Saudita, abbia realizzato il suo obiettivo. Merito della Bicicletta verde (...): «Volevo dare un volto umano a un dibattito intellettua­le, raccontare una piccola storia con cui la gente possa mettersi in relazio­ne. Era importante, per me, che la vi­cenda restituisse un ritratto accurato della situazione femminile in Arabia Saudita e che questo avvenisse attra­verso personaggi credibili, normalis­simi, che vivono cercando di destreg­giarsi in un determinato sistema». Al centro del film (...), la figu­ra di Wadjda, 10 anni, residente nella periferia della capitale saudita Ri­yadh, decisa a entrare in possesso del­la bici con cui potrà finalmente batte­re l’amichetto Abdullah. Ma lui è ma­schio e lei è femmina, in una società che considera le biciclette un oggetto pericoloso per la virtù delle ragazzine. L’unico modo è cercare di mettere in­sieme da sola i soldi necessari all’ac­quisto, ma anche questa è un’impresa difficilissima: «Parlo della mia espe­rienza, del saudita medio, e di un am­biente sociale in cui, in fondo, nono­stante certe apparenze, uomini e don­ne sono sulla stessa barca, forzati a comportarsi in certi modi».
Per Haifaa Al Mansour le cose sono andate in modo diverso. Dopo la lau­rea in letteratura all’Università Ame­ricana del Cairo, ha completato il ma­ster di regia a Sidney, ha girato tre corti e un documentario intitolato Donne senz’ombra, e infine ha diretto La bicicletta verde: «M’interessava mettere in luce il contrasto che esiste nel mio Paese tra la voglia di apertura e la forza delle tradizioni». Le donne saudite, spiega l’autrice, vivono que­sta contraddizione in maniera parti­colarmente lacerante: «È così difficile per loro essere loro stesse. Se si com­portano in modo diverso da quello co­munemente accettato sono conside­rate, ovunque nel mondo, “controver­se”, figuriamoci in un Paese severo e tradizionalista come l’Arabia Saudita. Dalle donne ci si aspetta un preciso comportamento e, se ciò non avviene, vengono condannate ed etichettate». Wadjda lotta contro tutto questo, e di­mostra che la voglia di vivere, alla fine, è più forte di tutto.
Fulvia Caprara, La Stampa, 27/11/2012