L’intervallo

Data:
04/09/2025
Orario:
08:00
Rassegna:
2013OfficinaVisionaria

Regia: Leonardo Di Costanzo (Italia-Svizzera-Germania, 2012) 90’


Scuola secondaria di secondo grado

L’intervallo inizia con una considerazione zoologica sulle diverse ragioni che spingono a cantare tipologie differenti di uccelli caratterizzati da un canto molto simile: “...così un canto di sfida può essere confuso con un canto d’amore”. Ed è per ragioni d’amore, forse spinte da una volontà di sfida, che Veronica si trova prigioniera in un ospedale abbandonato di Napoli simile ad un castello diroccato, guardata a vista da un altro recluso, Salvatore, obbligato con la forza a farle da carceriere per un giorno. I due ragazzi, impossibilitati ad uscire da quel luogo senza senso, vivranno una giornata di vacanza dalla quotidianità che li schiaccia. Dapprima Salvatore e Veronica faticano a relazionarsi l’uno all’altro, ma con il passare delle ore si ritrovano a parlare dei loro sogni e dei loro desideri di adolescenti, che per forza di cose hanno dovuto mettere da parte. Arrivano persino a pensare di organizzare una fuga prima che la banda da cui sono stati rinchiusi faccia ritorno...

(...) Il titolo, forse l’unico neo in un film per cui vorrei scomoda­re la parola «capolavoro», ri­manda un po’ cripticamente al­la pausa, alla «sospensione» della vita quotidiana cui sono costretti due adolescenti napo­letani. Lei, Veronica (France­sca Riso), deve aspettare in un edificio abbandonato cosa do­vrà pagare per uno sgarbo che ancora non conosciamo; lui, Salvatore (Alessio Gallo), tolto dal suo mestiere quotidiano di venditore di granite, deve sor­vegliare che non scappi. Due ragazzi, ognuno preoccupato di quello che potrebbe succe­dere, chiusi in una «prigione» senza sbarre né catene: due personaggi in un unico luogo (anche se labirintico e sorpren­dente come l’ex ospedale psi­chiatrico Severino) che all’ini­zio si studiano, si punzecchia­no (più lei che lui), poi si con­fessano sogni e paure, desideri e voglie, mentre il tempo scor­re e si avvicina la «sentenza».
Solo apparentemente sem­plice e spontanea ma in realtà puntigliosamente sceneggiata (...) e preparata con prove durate mesi, l’azione dei due protagonisti si snoda lungo due fondamentali direttive. Da una parte la forza della loro fantasia e della loro vitalità, ca­pace di trasformare un am­biente fatiscente e abbandona­to in una specie di regno delle favole, dove una cantina alla­gata diventa il mare e un giar­dino incolto quasi una foresta, mentre ogni sussurro si tra­sforma nell’eco di un fanta­sma. Dall’altra c’è il peso della realtà, con la logica delle guer­re di quartiere, del potere terri­toriale, degli sgarri e delle offe­se, dove quella del più forte è l’unica legge accettata. Tra questi mondi che così male si conciliano tra loro, i due ragaz­zi devono trovare la propria strada, che potrebbe essere fat­ta di ribellioni o di compro­messi, di libertà o di sottomis­sioni.
Una storia «normale», quoti­diana per Napoli, che Di Co­stanzo filma mettendo a frutto la sua esperienza nel documen­tario e sfruttando un direttore della fotografia come Luca Bi­gazzi, che sa muoversi tra le ombre senza ricorrere a inva­denti illuminazioni. II risultato è un film straordinario, forte e teso come un colpo di fucile, vero ed emozionante, in perfet­to equilibrio tra la precisione della messa in scena e la forza espressiva dei suoi interpreti (...), da cui si esce con la testa piena di suggestioni e do­mande, rappacificati con un ci­nema che sa sfruttare fino in fondo tutte le possibilità che ha a sua disposizione.
Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera, 5/9/2012

Meglio L’intervallo che il primo e il secondo tempo del cinema italiano, meglio il detour del format. Il film d’esordio del documentarista Leonardo Di Costanzo è il titolo da spedire ai grandi festival internazionali, opera che si divincola dai tic formali e di genere e vola via come i pettirossi che «hanno paura della notte» e cantano nell’edificio diroccato di Napoli, un ex ospedale psichiatrico meraviglioso, un labirinto emozionale dove Salvatore (Alessio Gallo) e Veronica (Francesca Riso) si incontrano. Non sarà una promessa, L’intervallo è già oltre gli ‘Orizzonti’, destinazione e sezione scelta dalla Mostra, con il suo incanto da fiaba di periferia, i dialoghi rock di un napoletano sincopato e di due ragazzini vagabondi in uno spazio misterioso, attraversato da creature degne di Miyazaki, presenze di altri mondi, apparizioni improvvise affondate nella melma dei sotterranei e nel giardino fatato, un gufo uscito dalle pagine di Poe, una nidiata di cuccioli rifugiati, il fantasma di una bambina suicida... (...) Variazione sul tema ‘io e te’ di Bertolucci, il film abita in un luogo chiuso, nel film un collegio dismesso, ring per i due adolescenti che non vogliono stare «né da una parte e dall’altra», ma volar via come l’aereo in transito su Napoli, costante richiamo alla fuga per Veronica, insofferente al suo secondino per caso. (...) Il regista 54enne di Ischia ha osato il passaggio alla narrazione, e dato agli abitanti del suo cinema una partitura libera nella bellissima fotografia di Luca Bigazzi e nel montaggio jazz di Carlotta Cristiani. Un film che si posa sul viso di chi è sempre fuori quadro, e si confonde con le foglie e le pietre, e che sprigiona qualcosa di gioioso anche nel profondo dark, Veronica con i fiori in dono davanti al ritratto della sua coetanea morta per non restare sola, proprio come lei. Dolcemente comico nei dialoghi dell’assurdo, L’intervallo segue da vicino i suoi «eroi» abbandonati per un giorno, prigionieri finalmente liberi.
Mariuccia Ciotta, Il manifesto, 5 /9/2012