Kiki - Consegne a domicilio

Data:
03/09/2025
Orario:
02:00
Rassegna:
2013OfficinaVisionaria

Regia: Hayao Miyazaki (Giappone, 1989) 102’


Scuola d’infanzia e scuola primaria

Compiuti 13 anni Kiki, una streghetta simpatica e maldestra, parte alla ricerca di una città bagnata dal mare in cui svolgere il suo anno di apprendistato. In compagnia dell’inseparabile gatto nero parlante Jiji, Kiki arriva nella città di Koriko dove inizia a guadagnarsi da vivere facendo consegne a domicilio a cavallo della sua scopa di saggina. Superate le difficoltà iniziali, la giovane strega, grazie ai suoi poteri magici e alla conoscenza di persone che la fanno sentire a casa, riesce a rendersi indipendente. Ma nella vita, si sa, non tutto fila sempre liscio e le sorprese sono dietro l’angolo.

Questo non è solo un film per ragazzi. Kiki - Consegne a domicilio è davvero un film per tutti, perché racconta con leggerezza e commozione l’emozione della vita. Hayao Miyazaki (celebrato maestro dell’animazione giapponese), attraverso piccole emozioni profonde che si susseguono scena dopo scena, si sofferma su quel momento critico e fondamentale che porta dall’adolescenza all’età adulta. La protagonista è Kiki, una (buonissima) strega. A tredici anni compiuti (così accade fra le streghe) decide che è arrivato il momento di lasciare la casa e i propri genitori. Nel corso di una piccola, emozionante cerimonia di addio, Kiki saluta mamma, papà e parenti. Poi con il suo gatto parlante Jiji (si legge Gigi), inforca la scopa e parte verso il cielo ed il mare. Sembra proprio di rileggere in queste scene le parole del grande pedagogista Marcello Bernardi, secondo il quale la famiglia «è quel porto ideale, sicuro e incrollabile, dal quale si parte per la conquista del mondo, ma al quale si può sempre ritornare». (...) La vita cambia spesso le carte in gioco, e mette alla prova anche chi ha appena assaporato le sue prime certezze. E così, dopo aver preso tanta pioggia nel corso di una delle sue consegne, Kiki si becca un terribile raffreddore. Quando guarisce si accorge che dentro di lei qualcosa è cambiato. Che non riesce più a capire il suo gatto (sente solo i miagolii), che non riesce più a volare sulla scopa. Questo è un punto cruciale del film (che si distacca dall’omonimo e meno emozionante romanzo della scrittrice giapponese Eiko Kadono), in cui spettatori e protagonista si chiedono se ci sia davvero un momento in cui la magia, che in qualche momento della nostra vita abbiamo vissuto, si perde. Se davvero il passaggio alla vita adulta non può che essere la fine della speranza, dell’emozione, della sorpresa. Non raccontiamo ovviamente cosa accade nella parte finale del film, la più avventurosa, (...) certo il sogno non si spezza, perché Hayao Miyazaki in questo film (che è del 1989, successivo a Il mio vicino Totoro) senza alcuna melensaggine ci insegna che quando la vita toglie le certezze conquistate sa proporre nuovi scenari di serenità. Un consiglio fondamentale: bisogna rimanere seduti a guardare anche quello che è nascosto durante i titoli di coda. Non ci sono ciak sbagliati, né gag a sorpresa, ma l’epilogo e il senso stesso del film: quasi Miyazaki voglia farcelo scoprire superando la nostra abituale fretta e distrazione.
Luca Raffaelli, La Repubblica, 23/4/2013

Pur non nascondendo mai la sua natura di opera minore nell’ambito del corpus miyazakiano, Kiki - Consegne a domicilio è quantomai indicativo per comprendere le tematiche fondanti della poetica dell’autore nipponico. È spesso dalle opere minori, inclini alle semplificazioni e talvolta allo stereotipo, che si coglie con maggiore esattezza l’essenza di un grande artista e dei suoi topoi: Kiki non fa eccezione in questo senso.
Nella parabola della streghetta dagli umili abiti rivive il consueto viaggio iniziatico di Miyazaki, spesso condotto tra i cieli (in precedenza ne Il castello nel cielo, mentre Porco rosso innalzerà ai massimi livelli il feeling eroico con l’aria) e spesso con una ragazzina come protagonista. Kiki raggiunge la fatidica età di passaggio, quella dei quattordici anni, per abbandonare la dimora natia e scoprire la vecchia Europa, ancora una volta coacervo ideale di stilemi miyazakiani. Modellata su Stoccolma e Lisbona, la città in cui Kiki approda a cavallo della sua scopa volante è il luogo dello smarrimento e dell’emancipazione, in cui l’eroina è da un lato costretta ben presto a una necessaria e dura introspezione, ma può anche sentirsi accettata nonostante la sua diversità; il luogo in cui, attraverso il duro lavoro, conquistare la propria matura autonomia.
Terzo film dello Studio Ghibli e primo successo commerciale – sarà ugualmente il primo ad essere doppiato e distribuito dalla Disney – diretto da Hayao Miyazaki, Kiki mostra il lato più verista del Miyazaki-pensiero, limitando la sfera del magico a un ruolo di contrappunto nel percorso di crescita, totalmente umano, della protagonista. La perdita dei poteri magici, che comporta passaggi anche narrativamente traumatici – Jiji, gatto nero parlante e inseparabile compagno di Kiki, ritorna a essere un gatto qualsiasi, privando il film di un elemento caratterizzante – è del tutto assimilabile, in tutt’altra epoca e contesto, a quella che colpisce in Spider-man 2 il supereroe della Marvel. Pubertà come chiusura di una breve epoca felice di magia e ingresso nel mondo, meno accattivante ma capace di gratificare concretamente, delle responsabilità e dell’autonomia.
Emanuele Sacchi, mymovies.it