Il giovane favoloso
Regia: Mario Martone (Italia, 2014) 135’
Scuola secondaria di secondo grado
Giacomo Leopardi è un bambino veramente speciale, cresciuto nella casa di Recanati sotto l'egida del padre, il conte Monaldo. Il piccolo Giacomo non esce quasi mai di casa e avendo a disposizione una vasta biblioteca legge di tutto. Tuttavia, per quanto nelle pagine dei libri si legga di tutto l'universo, l'universo è fuori, lontano, irraggiungibile e la sua mente vuole viaggiare al di fuori delle mura paterne. In questo periodo, attraverso le poesie, Giacomo inizia a dare vita a quell'autobiografia interiore immensa e sofferta che lo porterà a delineare sempre più nitidamente il suo pensiero: un pensiero laico, lucido, una capacità implacabile di scorgere tutte le ipocrisie della società che ha intorno mentre il mondo cambia, l'Illuminismo apre la mente e scoppiano le rivoluzioni.
Il bellissimo, educativo ma non scolastico film di Martone su Leopardi s'accoppia a Noi credevamo, due modi di raccontare l'800: uno sul fallimento risorgimentale, l'altro su quel 'Giovane favoloso' che, guardando l'Infinito e l'ermo colle, sarà il primo a far la rivoluzione, pur accartocciandosi su se stesso: la Terra resta ferma, l'uomo gira intorno con le sue sofferenze, nonostante l'epoca invochi il new deal positivista. Ispirato dall'Epistolario e da altre confessioni, il regista scrive con Ippolita di Majo una sceneggiatura (pubblicata da Electa) in prosa e anche per metafora e visivamente, in versi, su un giovane ribelle (Cobain, Pasolini, Wittgenstein) nevrotico che rifiuta, odia e ama il padre ma lo cerca negli amici intellettuali e nell'affetto aitante di Ranieri (...). Diviso in scultorei blocchi narrativi, il film respira di uno sfarzo che viene dalla cultura non dal budget, dalla forza dell'introspezione a immagini, dal piccolo punto psicologico del montaggio di Quadri. Elio Germano, strepitosamente sofferente è anche consapevole, come si guardasse vivere: indimenticabile mentre struscia sulle pareti polverose di pergamena di libri, abbandona la «vile prudenza» e invoca il potere del Dubbio che salva dal tanto amato silenzio. Perfetto nel dosaggio di malinconia e di melanconia, è al centro di un cast perfetto con Michele Riondino, Massimo Popolizio e la grande compagnia di teatro Lombardi-Forte-Binasco-Graziosi.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 16/10/2014