Fuocoammare

Data:
03/09/2025
Orario:
08:00

Regia: Gianfranco Rosi (Italia-Francia, 2016) 108'

Scuola secondaria di secondo grado

Gianfranco Rosi è andato a Lampedusa, nell'epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l'invisibile e le sue storie. Seguendo il suo metodo di totale immersione, Rosi si è trasferito per più di un anno sull'isola facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d'Europa raccontando i diversi destini di chi sull'isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Da questa immersione è nato il documentario che racconta la storia di Samuele che ha 12 anni, va a scuola, ama tirare con la fionda e andare a caccia. Gli piacciono i giochi di terra, anche se tutto intorno a lui parla del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Ma non è un'isola come le altre, è Lampedusa, approdo negli ultimi 20 anni di migliaia di migranti in cerca di libertà. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.

Uno dei nostri migliori registi, Rosi, tra i pochi a cui dare fiducia anche quando annuncia di voler confrontarsi con un tema sensibilmente complesso come quello dei migranti sull'isola di Lampedusa, e dunque con le immagini di una realtà che l'urgenza della cronaca ha quasi consumato. Ma Fuocoammare come il titolo di una vecchia canzone, e i ricordi della guerra di una vecchia signora, con l'attualità dei servizi televisivi , le inchieste, i doc «impegnati» non ha nulla a che vedere. Non ci sono «teste» parlanti, interviste, dissertazioni, i racconti delle sofferenze diventano le rime di una ballata rap. E Rosi riesce a filmare quello che non si può filmare, la morte, il dolore, i corpi dei cadaveri coperti nei sacchi che vengono tirati su ogni giorno dai barconi in mezzo al mare, ognuno con le sue storie di cui non si sa ma che in fondo, a quel punto, non sono nemmeno importanti. Lo fa con pudore, e sono i momenti più forti del film, mettendosi dalla parte degli uomini dei soccorsi, quasi a farci guardare quella realtà nei loro occhi e condividerne il sentimento a volte, troppe volte, di impotenza. (...)
Cristina Piccino, il manifesto, 14/2/2016