Alì ha gli occhi azzurri
Regia: Claudio Giovannesi (Italia, 2012) 94’
Lunedì 25 e mercoledì 27 novembreScuola secondaria di secondo grado
Nader e Stefano sono migliori amici, due sedicenni arrabbiati con il mondo, ribelli, che alle otto del mattino di un giorno d’inverno, prima di entrare a scuola, rubano un motorino e fanno una rapina. Il primo è nato a Roma ma è di origine egiziana, l’altro è italiano. Nader ha una fidanzata italiana invisa ai genitori e alla legge islamica. Ma a lui, figlio della seconda generazione, non importa niente delle ‘tradizioni’, delle proibizioni, delle preghiere in Moschea, quello che desidera veramente lo prende subito, rapinando una drogheria, accoltellando un coetaneo, comprando una fedina e giurando eterno amore sulle note di Gigi d’Alessio. Con Stefano, compagno di scuola e di ventura, mollato dalla fidanzatina e ostinato a riprendersela, Nader condivide la sua boria, i suoi pochi anni e le numerose bravate. Rincasato ancora una volta dopo la mezzanotte, Nader viene lasciato fuori e invitato dalla madre a riflettere sulla sua condotta. Una notte che diventa giorno e giorni consumati tra la periferia e la città, lungo il Lido di Ostia, dentro la metropolitana, fuori sulla spiaggia, in fuga da quattro rumeni furiosi a cui ha ferito il figlio, affrontando la solitudine, la paura e la perdita dell’amicizia di Stefano, per tentare di conoscere la propria identità.
(...) per raccontare la settimana brava del sedicenne egiziano Nader – che ha gli occhi azzurri grazie alle lenti a contatto – il regista Claudio Giovannesi ha scelto una strada opposta a quella visionaria e ispirata del poeta friulano, puntando alla Zavattini sul pedinamento della realtà. (...) Giovannesi lascia i personaggi (tutti veri, presi dalla vita) parlare, muoversi esprimersi in libertà lungo l’esile linea narrativa, ma il film, pur nel pregio di un tema importante (la difficoltà di trovare un identità a cavallo di due culture), ha il limite di non sublimarsi che sporadicamente in cinema: alcune suggestive immagini del litorale (la fotografia è di Ciprì), la malinconica sospensione della scena finale.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa, 15/11/2012
[...] Muovendo dalla Profezia di Pier Paolo Pasolini, Claudio Giovannesi richiama fin dal titolo l’Alì del poeta, quel sottoproletariato di cui rimpiangeva l’innocenza perduta dentro un’invisibile rivoluzione conformistica. Nader gli occhi li ha neri e nascosti dietro lenti azzurre che alterano lo sguardo in bilico tra due età e due culture, quella egiziana e quella italiana. Dopo averlo documentato nel terzo episodio di Fratelli d’Italia, documentario sull’adolescenza ‘esotica’, Giovannesi mette in scena Nader, trasformandolo in un personaggio e declinandolo in un percorso formativo lungo una settimana. Sette giorni per cercare un’identità e una tregua, se non una risoluzione, al conflitto tra la cultura islamica e quella occidentale, sette giorni per crescere provando ad assumerle entrambe, trasformando la duplicità in ricchezza. Ma il regista romano fa di più che pedinare un adolescente e scrivere per lui una storia d’amore contrastata di quelle predilette dal cinema italiano, che quando racconta il sentimento non può fare a meno di evocare tradimenti, adulteri, gelosie e strepiti. Alì ha gli occhi azzurri sposta di senso e di valore la crisi dell’adolescenza, in direzione di uno smarrimento universale prodotto dall’omologazione culturale e dalla mutazione antropologica, evitando il didascalismo sociologico e l’assoluzione compassionevole. Nader è figlio dei nuovi poveri, è il nuovo ragazzo di vita che abita le (stesse) periferie squallide che ridestano appetiti bestiali e ambizioni borghesi. Nader è “il barbaro imborghesito”, nato dagli emigranti approdati alle ‘nostre terre’ dai loro paesi lontani, che pratica apatico la cultura diffusa del godimento pulsionale, chiuso su se stesso, monadico e sterile. Giovannesi, attraverso un film commosso e lirico tenuto saldamente al terreno da un piglio rigoroso e politico, svolge la vita di un ragazzo che riconosce i mostri che stanno anche dentro, dichiarando guerra a una parte di sé, rimandando (forse per sempre) un piatto di minestra e il ritorno al focolare domestico e genitoriale, incapace di nutrire correttamente il conflitto e di trasmettere la potenza generativa del desiderio. Nello sguardo di Giovannesi c’è l’orgoglio che il cinema sa dare ai suoi personaggi quando li sente veri e quando sa che il loro ruolo non si esaurisce dentro lo schermo, ma diventa necessario nel mondo che ricomincia dopo la fine del film.
Marzia Gandolfi, mymovies.it