KAFKA A TEHERAN

Ali Asgari, Alireza Khatami
Iran
Kafka a Teheran racconta la storia di persone comuni di ogni provenienza sociale che si scontrano con barriere culturali, religiose e istituzionali imposte dalle varie autorità locali. Sono storie ironiche e commoventi di persone che si trovano ad affrontare avversità che compongono insieme il ritratto, pieno di sfaccettature, della complessa società iraniana.
con Majid Salehi, Gohar Kheirandish, Farzin Mohades, Sadaf Asgari, Hossein Soleimani
8€; 7€ ridotto (6.50€ per Amici, Più che Amici, Sostenitori). Riduzioni valide dal lunedì al venerdì.
Versione originale con sottotitoli in italiano
Perché siamo tutti purtroppo a conoscenza di quanto recentemente accaduto in Iran con atti di repressione violenta ma è la capillare presenza in ogni risvolto della vita quotidiana che offre in misura ancora più forte il senso di uno stato teocratico che si infiltra nel vissuto dei propri cittadini.
Si sorride anche in questo film ma lo si fa con grande amarezza. Perché non si può non sorridere dinanzi al giovane uomo che cerca un posto da autista e si deve semi spogliare perché chi lo interroga è venuto a conoscenza del fatto che ha dei tatuaggi (per di più di versi di un poeta famoso ma sul tema dell'alcolismo). Ma il sorriso si spegne subito perché la struttura degli episodi ci ricorda il metodo dell'inquisizione applicato in misura solo apparentemente soft. Chi pone domande o dà disposizioni non viene mai mostrato assumendo il ruolo di rappresentante del Potere in una molteplicità di versioni.
La madre che impone progressivamente alla figlia, che vorrebbe andare a scuola con jeans e t-shirt, una serie di indumenti che la coprono sempre di più non è poi tanto diversa dal funzionario che pretende da un uomo che chiede semplicemente un lavoro la conoscenza a memoria di sure del Corano o dal censore che vuole stravolgere il copione che gli è stato sottoposto ritenendolo non adatto e non rispettoso dei dettami imposti dallo Stato.
I due registi hanno fatto un lavoro di resistenza civile che deve essere costato non poca fatica, espedienti e rischi e che non avrà spazio di visione in Iran. Perché questo è un cinema di denuncia sociale che, con grande semplicità di mezzi e con un approccio estremamente diretto alla realtà, sa comunicare con efficacia il proprio grido di ribellione molto più di altre opere formalmente elaborate ma distanti anni luce da una fruizione non intellettualisticamente di nicchia.
Recensione di Giancarlo Zappoli