INU-OH

Masaaki Yuasa
Giappone, Cina
Inu-oh è un artista antesignano del moderno teatro noh. Nato con caratteristiche fisiche anomale, cresciuto all'aperto come un cane, ha ereditato il talento del padre per il teatro ed è in grado di usare le sue peculiari caratteristiche fisiche per danzare in modo innovativo. Tomona è un monaco suonatore di biwa, vittima di una maledizione che lo ha reso orfano di padre e cieco. I due si incontrano nella capitale Kyoto e iniziano a esibirsi insieme. Con i loro spettacoli, che infrangono le regole delle arti tradizionali, diventano le pop star di una nuova èra e in breve tempo le folle impazziscono per loro...
Consigliato a partire dagli 8 anni.
5€; 3€ ridotto (fino a 14 anni)
Animazione.
Impossibile rendere con la sola trama la cascata di intuizioni visive e stravolgimenti della storia messa in scena da Masaaki Yuasa, adattamento di un testo del 2017.
In sostanza la vicenda di Inu-oh è una ucronia, che rielabora la storia del Giappone collocando la nascita del rock'n'roll nel XIV secolo e rispondendo alla domanda "Come sarebbe stato se il rock fosse approdato tra i bonzi suonatori di biwa?".
Visionario e audace, tanto nei contenuti quanto nel comparto visivo, Yuasa adotta di volta in volta le soggettive di Tomona - non vedente e circondato da ombre - e di Inu-oh, demone che sogna di rapire i bambini e compiere malefatte, ma subisce una trasformazione fisica e morale grazie a Tomona e alla sua danza. Il duo mette in scena, attraverso spettacoli di opera-rock che si rifanno tanto agli Who di Tommy quanto ai Queen di Bohemian Rhapsody - favoloso il lavoro di Otomo Yoshihide sulla colonna sonora - il rimosso dei racconti Heike, sfidando il potere e l'avidità di chi si rifugia nel dogma per preservare lo status quo.
Lo spirito di Yuasa, anarchico e radicale, è paragonabile a quello di cult come Belladonna of Sadness, per rimanere in Giappone, o di Metal Hurlant, per migrare a Occidente: realizzare attraverso l'animazione un sogno visionario di libertà senza freni e senza paura di calpestare zone grigie in termini di etica.
Recensione di Emanuele Sacchi