IL GIURAMENTO DI PAMFIR

Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk
Ucraina
Un'opera prima da non perdere: “Il giuramento di Pamfir”, film ucraino, presentato al Festival di Cannes nella sezione Quinzaine des Réalisateurs. Al centro della storia c'è un uomo che torna dalla sua famiglia, dopo mesi di assenza, con l'idea di voler essere un buon padre per il suo unico figlio. Peccato che si ritrovi a rinunciare all'intento di sostenere la sua famiglia onestamente, perché sceglierà di riconnettersi con il suo passato travagliato. La volontà di poter dare ogni cosa a suo figlio senza fargli mancare nulla, lo porterà su una strada pericolosa, dove rischierà conseguenze irreversibili.
con Oleksandr Yatsentyuk, Stanislav Potiak, Solomiya Kyrylova, Olena Khokhlatkina
8€; 7€ ridotto (6.50€ per Amici, Più che Amici, Sostenitori)
Versione originale con sottotitoli in italiano
Il giuramento di Pamfir è il lungometraggio di esordio del regista ucraino Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk, che in precedenza aveva firmato alcuni corti documentari, uno dei quali ambientato durante il carnevale di Malanka, quando gli abitanti si travestono con costumi che richiamano la natura animale degli esseri umani.
Anche Pamfir vuole partecipare ai festeggiamenti, e la sua progressiva resa all'aspetto belluino è evocata proprio da quella festività pagana e trasgressiva. La sua però è la via crucis di un Giobbe contemporaneo votato alla fatica e al sacrificio personale, e Oleksandr Yatsentyuk, l'attore che interpreta Pamfir, è al centro di ogni scena (mentre è destinato a rimanere ai margini della sua comunità), intento a portare sulle spalle il peso del (suo) mondo.
La scelta di utilizzare continui piani sequenza è un modo per il regista di farci immedesimare nella mancanza di scelta che condiziona le azioni di Pamfir, e per farci precipitare da un piano sequenza all'altro così come il protagonista frana lungo il corso di eventi che non riesce più a controllare. Anche l'alternanza fra generi cinematografici diversi fa parte dello straniamento che lo spettatore è chiamato a condividere con il protagonista, mentre la palette di colori intensi colloca il film più nella tradizione pittorica che in quella cinematografica ucraina: una distanza accentuata dal fatto che il film non ha niente a che vedere con la guerra attuale, che viene citata en passant, come una realtà geograficamente lontana e personalmente irrilevante.
Pamfir appare come il prodotto di una comunità arretrata e controllata dalla piccola criminalità che da un lato gli è diventata estranea, avendo trascorso molti anni all'estero, dall'altra esercita un richiamo ancestrale nel desiderio di recuperare quel senso di appartenenza sacrificato in nome del benessere della famiglia.
Recensione di Paola Casella